di Chiara Falvella
Muzafer Sherif nel suo famoso esperimento di Robbers Cave
aveva scoperto che quando le persone si
trovavano a formulare un giudizio su un test ambiguo, usavano i giudizi di
altre persone come punto di riferimento.
Questo potrebbe avere un senso logico: se non sono sicuro di
qualcosa, lo controllo con qualcun altro. Ciò può capitare quando non ho
certezze. Quando invece mi trovo di
fronte a informazioni inequivocabili? Quando la risposta è chiara, senza
ombra di dubbio? In teoria le risposte delle altre persone non dovrebbero avere
alcun effetto su di me o almeno questo è quello che pensava Asch.
Per provare la sua teoria, Solomon Asch portò degli studenti
universitari, uno alla volta, in una stanza con altre otto persone spacciate
come altri partecipanti ma complici dello psicologo.
Lo psicologo presentò loro delle schede con tre linee di
diversa lunghezza in ordine decrescente; su un’altra scheda aveva disegnato
un’altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda.
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Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici,
quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni
“normali”, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in
maniera concorde e palesemente errata; il vero soggetto su cui s’incentrava
l’esperimento, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in molti casi
iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta,
conformemente alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che
aveva risposto prima di lui.
Pur sapendo
soggettivamente quale fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale
decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la
posizione esplicita della maggioranza (solo una piccola percentuale si
sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non
ciò che sentiva di “dover” dire).
I risultati furono affascinanti, per nulla corrispondenti a
ciò che Asch si aspettava:
50% delle persone
ha dato la stessa risposta sbagliata
degli altri, in più di metà delle sperimentazioni.
Solo il 25% dei
partecipanti ha rifiutato di lasciarsi
influenzare dai falsi giudizi della maggioranza in tutti i 12 studi.
Il 5% delle
persone si è sempre conformato al parere
errato della maggioranza.
Sommando tutte le prove il tasso medio di conformità (così è
chiamato il conformismo in psicologia), è stato del 33%.
Incuriosito dal perché i partecipanti si adeguarono alle
false affermazioni della maggioranza, Asch l’intervistò dopo l’esperimento.
Ecco le risposte che diedero:
Tutti provarono ansia, ebbero senso di timore per la
disapprovazione da parte degli altri e si convinsero di rispondere sbagliato.
La maggior parte di loro spiegò di aver visto le linee in
modo diverso dal gruppo, ma poi pensò di essere nel torto rispetto al gruppo.
Alcuni dissero che avevano assecondato il gruppo per evitare
di rimanerne fuori, nonostante sapessero che il gruppo stesse sbagliando.
Un piccolo numero di persone addirittura sostenne che
durante la prova vedeva davvero le linee nello stesso modo in cui le vedevano
gli altri.
Il conformismo è in
grado di esercitare un oscuro potere su ogni uomo, non lasciando nessuno escluso. Sono tanti i motivi
che ci inducono a omologarci all’altro,
come osserva il dottor Asch, ma tra tutti quelli analizzati pocanzi, possiamo
riscontrare un fattore comune: il sentirsi parte integrante di un gruppo, la paura
di sbagliare, di dare risposte diverse, di avere opinioni diverse, il timore di
rimanere soli e/o esclusi, la decisione di scegliere
la strada più semplice, quella percorsa da tutti gli altri, pur di evitare
di essere la pecora nera, la barca in un bosco, una camelia sul muschio.
Perché poi è questo che spaventa, spaventa la diversità e la
solitudine: per evitare questi due
“mali” contemporanei si è pronti addirittura a mettere da parte se stessi, a
privarsi di una intima e personale identità.
Vestiamo tutti allo stesso modo, ci esprimiamo tutti secondo
uno stesso gergo, amiamo tutti lo stesso genere musicale, coltiviamo gli stessi interessi e non siamo pronti ad accettare e a
fare tesoro delle diversità altrui.
Alcuni, ancora, credono di poter vincere il conformismo dei
nostri giorni dando vita a un nuovo tipo di conformismo, lo definirei quasi un
conformismo anti-conformista: un meccanismo fanatico di un mondo che è in cerca
di originalità, ma che difficilmente crea, bensì distrugge o, più solitamente,
costruisce, ma senza capire.
“… Ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri
pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari,
anche se il gregge può dire: “Non è beeeene!”.
Come ha detto Frost: “Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta ed è per questo che sono diverso… ”
Come ha detto Frost: “Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta ed è per questo che sono diverso… ”
L’attimo fuggente, 1989
Ci vuole coraggio a
rimanere se stessi, a scegliere la strada meno battuta, a rischiare.
Lo stesso coraggio
che è in grado di renderci liberi.
A noi la scelta.
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