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ESPRIMERSI HA UN COSTO

Lettera aperta ad Instagram.

Egregi amministratori della piattaforma social su cui sto scrivendo queste poche righe, mi dispiace doverlo sottoscrivere, ma la vostra è stata una tremenda caduta di stile. Bloccare ripetutamente questa pagina, eliminarne numerosi contenuti e limitare pesantemente l'account dell'unico admin di quest'ultima, vi qualifica per quello che siete: dei ciechi censori senza bastone, dei tiranni, degli sporchi fascisti che barcollano nell'ingiustizia.
O meglio ancora, dei servi del pensiero unico, degli assassini della diversità di opinione.

La parola, l'espressione, il confronto ed il dialogo, venivano negati in altri tempi. In altri tempi chi era scomodo veniva zittito. In altri tempi ai "dissidenti" veniva chiusa la bocca. 

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Quel che mi rattrista ancor di più non è semplicemente il fatto che la mia pagina rischi di chiudere dopo oltre un anno di lavoro, ma vedere un social network comportarsi cosí: come un despota che agita il proprio scettro così come un bambino rivuole indietro il proprio giocattolo.
Voi possessori/creatori di social quali WhatsApp, Instagram, Facebook, TikTok ecc, avete il grande merito di aver permesso a noi tutti l'accesso ad una quantità di informazioni, provenienti da tutto il mondo e non solo, dalla portata inestimabile. Ormai i social sono un potente veicolo di apprendimento. Non a caso è divenuta celebre l'affermazione di un ex presidente della Cia che recita: "Oggi un bambino in Africa con un solo smartphone ed una sola connessione al web dispone di un patrimonio di conoscenze maggiore di quello da cui poteva attingere George Washington , presidente degli Stati Uniti d'America, a fine 700".

Questo per rimarcare il concetto secondo cui i social, se usati coscientemente, sono ben altro che una mera fonte di dipendenza, ma una miniera infinita in cui poter scavare per trovare tutte le notizie, le verità e le informazioni partorite dal planisfero. Detto in altre parole, applicazioni come Instagram, sebbene nell'immaginario collettivo siano viste come un ozioso passatempo, in realtà nascondono al loro interno quotidiani, riviste, testate e blog che mettono gli utenti dei social in contatto con quello che accade nel mondo a distanza di migliaia di kilometri.

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L'attualità ci consegna un ulteriore prova che testimonia l'utilità dei social, ve la racconto brevemente...

È in corso in Iran una protesta popolare che ha visto scendere in piazza orde di cittadini. Questi ultimi protestano per il lungo malessere accumulato, per l'insostenibile costo della vita e, come se non bastasse, per il recente aumento del prezzo della benzina. Le forze dell'ordine, nonostante il carattere pacifico di questi cortei (qui si potrebbero aprire ampie parentesi) hanno deciso di reagire col pugno chiuso e di sopprimere la protesta. Questa scelta ha dato vita ad un vero e proprio rastrellamento, grazie al quale hanno perso la vita circa 150 manifestanti. Il governo iraniano, per evitare che si diffondessero articoli  o scatti relativi alla protesta, ha impedito ai giornalisti di presenziare alle rivolte, a chiunque di scriverne con cenno critico e, soprattutto, ha bloccato l'accesso ad internet. Una ricerca approfondita ha stabilito che soltanto il 3% del web iraniano è "disponibile".

Risultato immagini per iran proteste"

A fronte delle pesanti pene agli indirizzi dei reporter nel caso avessero avuto l'ardire di comunicare al mondo la carneficina che si sta consumando in Medio-Oriente, un ruolo importantissimo, dal punto di vista "mediatico", l'hanno svolto i social. Tant'è che, se non fosse stato per  pochi canali Telegram sopravvissuti al divieto di entrare sul web, ora non avremmo nessuna notizia, nessuna foto e nessuna documentazione della repressione dei manifestanti.

Ho raccontato questa pagina di cronaca per evidenziare quanto il mondo virtuale possa avere effetti benefici su quello reale. Per far comprendere che un social network è potenzialmente molto più di uno svago, ma un mezzo di denuncia, uno spazio di idee, una risorsa di news, una fonte di confronto, uno strumento volto alla critica costruttiva, un catalizzatore di dialogo, un cenacolo di pensieri ed un luogo di "incontro" di persone estranee che magari condividono lotte o passioni.

Dico questo per dimostrare che bloccare l'attività di "open space cultura" senza nessuna motivazione, se non quella della scomodità, significa far perdere di senso tutti quegli effetti positivi appena elencati, minimizzando i social a passatempo. Impedirmi di continuare a fare informazione e cultura significa contraddirsi. Bloccare me equivale a dire, da parte di questi censori col vizio del fascismo: "No, a noi non ce ne frega un c**** della libertà di parola e del ruolo pedagogico che abbiamo".

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Concludo riportando l'art.21 della nostra amata Costituzione: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure."

Michael Erasmo Alliegro
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