Aurora Alliegro
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Una
bandiera equivale inevitabilmente al racconto di una storia. Una bandiera
rimanda imprescindibilmente alla nascita di una nazione, intesa come popolo
dotato di un’unica e solida identità comune. La bandiera stellata americana sussurra
di un Paese da sempre destinato a crescere, a diventare modello esemplificativo
per le democrazie occidentali, a incarnare il grande “sogno americano”, a
diventare uno dei colossi industriali e tecnologici mondiali.
Questo
stesso Paese, oggi, sembra aver deragliato, deviato rotta, sembra aver smarrito
quel capitano interpretato perfettamente dal Primo Presidente degli Stati Uniti
d’America, George Washington.
Il Paese che un tempo rappresentava ideali di
libertà, uguaglianza, oltre alla speranza, per alcuni, di realizzare i propri sogni,
sembra aver perso la propria bussola, incarnando nuove e feroci istanze, più somiglianti
a quelle dei regimi orientali piuttosto che alle democrazie europee.
C’è
stato un tempo, però, in cui la bandiera americana ha rappresentato davvero una
rivoluzione, quella di una federazione di stati nati dal basso, dalla lotta per
i diritti, dalla ribellione verso una madrepatria tirannica e intransigente
verso i coloni americani.
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Lo scorso 4 luglio, gli USA hanno celebrato, come ogni anno, la loro festa nazionale, ossia l’originaria indipendenza dall’Inghilterra, quella che nell’omonima data del 1776 venne sancita dalla Dichiarazione d’Indipendenza. Il documento, considerato il vero atto di nascita degli Stati Uniti, racchiude i princìpi fondamentali elaborati dalla cultura dell’Illuminismo europeo, oltre che del giusnaturalismo, e fu elaborato da una commissione di cui facevano parte, tra gli altri, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. Oltre a sancire a chiare lettere l’indipendenza delle colonie, la Dichiarazione affermava alcuni diritti del tutto inediti per le società dell’epoca, scaturiti certamente dal razionalismo settecentesco. Quei diritti erano chiamati “verità”, quelle verità erano definite “inalienabili”, ed erano Uguaglianza, Vita, Libertà e ricerca della Felicità. La Dichiarazione costituì un grande modello per altri documenti analoghi, in particolare per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino elaborata in seguito in Francia.
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Lo scorso 4 luglio, gli USA hanno celebrato, come ogni anno, la loro festa nazionale, ossia l’originaria indipendenza dall’Inghilterra, quella che nell’omonima data del 1776 venne sancita dalla Dichiarazione d’Indipendenza. Il documento, considerato il vero atto di nascita degli Stati Uniti, racchiude i princìpi fondamentali elaborati dalla cultura dell’Illuminismo europeo, oltre che del giusnaturalismo, e fu elaborato da una commissione di cui facevano parte, tra gli altri, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. Oltre a sancire a chiare lettere l’indipendenza delle colonie, la Dichiarazione affermava alcuni diritti del tutto inediti per le società dell’epoca, scaturiti certamente dal razionalismo settecentesco. Quei diritti erano chiamati “verità”, quelle verità erano definite “inalienabili”, ed erano Uguaglianza, Vita, Libertà e ricerca della Felicità. La Dichiarazione costituì un grande modello per altri documenti analoghi, in particolare per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino elaborata in seguito in Francia.
La
storia dell’Indipendenza americana è inevitabilmente legata a un sofferto
distacco dalla madrepatria, e dunque a uno sradicamento dalle proprie origini.
Certo è che i coloni americani fecero di tutto per restare parte della Gran
Bretagna, ma i continui abusi di quest’ultima, uniti a tassazioni elevate e
insensate, condussero quegli uomini alla creazione di un nuovo stato in cui si
sentissero realmente rappresentati.
Testimone
dei vani sforzi dei coloni è la prima bandiera americana, la cosiddetta “Grand
Union Flag” innalzata per la prima volta nel gennaio del 1776 a Prospect Hill. La bandiera consiste di uno sfondo a strisce
rosse e bianche e di un riquadro superiore raffigurante la bandiera della Gran
Bretagna, come simbolo di fedeltà alla madrepatria.
Successivamente,
con l’indipendenza degli Stati Uniti d’America, emerse la necessità di una
nuova bandiera nazionale americana, che venne realizzata e adottata
ufficialmente nel 1777. Secondo la tradizione, Betsy Ross, una famosa sarta di
Philadelfia, consegnò a George Washington una bandiera a strisce bianche e
rosse con un riquadro blu dove spiccavano 13 stelle bianche.
La
nuova bandiera ispirò Francis Scott Key, avvocato e poeta, il quale nel 1814
scrisse la poesia The Defence of Fort
McHenry. Il testo, diventato canzone piuttosto popolare, venne adottato
come inno nazionale dal Congresso degli Stati Uniti il 3 marzo 1931, anche se
già da tempo ne era stato riconosciuto l’uso ufficiale da parte sia della
Marina degli Stati Uniti (nel 1889), sia della Casa Bianca (1912).
And
the star-spangled banner in triumph shall wave
O’er
the land of the free and the home of the brave!
E
la bandiera adorna di stelle per sempre garrirà
sulla
terra dei liberi e la patria dei coraggiosi!
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