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La grande Boucle, un mito da ricostruire

di Michael Alliegro

Il 29 Luglio 2018 sugli Champs-Élysées alla presenza dei media e degli appassionati di tutto il mondo si è tenuta la premiazione della 105° edizione del prestigioso Tour de France.


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Nel volto di Geraint Thomas, meritevole vincitore della corsa a tappe che ha scritto pagine memorabili di storia di ciclismo, non si leggeva il classico entusiasmo o la consueta letizia di un gregario divenuto campione, bensì si poteva cogliere frustrazione, mestizia ed un barlume di collera.
Stesso discorso vale per il suo compagno di squadra Chris Froome (uno dei ciclisti più vincenti di sempre) il quale, nonostante sia stato in grado di salire sul podio della Grande Boucle dopo aver vinto il Giro d’Italia, non si  è potuto certamente ritenere soddisfatto.

Il loro apparente astio, in contrasto con i successi personali e sportivi, è motivato dal trattamento ricevuto nel corso delle tre settimane di corsa, nelle quali si sono ripetuti eventi che ridicolizzano la storia del Tour, oltre a minimizzare i valori di uno sport che ha da sempre come caposaldo il fair play.
Mi riferisco a quegli pseudo tifosi che non hanno smesso di dare prova della loro volgarità e  della loro bassezza agli occhi del mondo, sfogando sulla formazione capitanata dal britannico e dal gallese la loro indole cavernicola.

Infatti, come accuratamente documentato dalle immagini, nelle strade francesi alcuni non meglio precisati “personaggi” non si sono limitati a dimostrare il loro disappunto nei confronti del team Sky, ma hanno oltrepassato il confine della decenza insultando pesantemente gli atleti e riempendoli finanche di sputi.

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A dimostrazione del fatto che il percorso della Grande Boucle dal 7 al 29 luglio sia stato pennellato da gesti diseducativi, antisportivi e palesemente ignobili c’è addirittura un video che mostra un tifoso versare urina addosso al povero Chris Froome, “macchiatosi” della sola “colpa” di essere il primo della classe. Evento confermato dalle parole dello stesso corridore Britannico che non si è capacitato della spudoratezza e della viltà mostrata nei suoi confronti.

Se questi episodi deplorevoli, aggiunti alla volontà concreta manifestata più volte di far cadere il corridore in maglia gialla, fossero dei casi isolati, potremmo parlare di un fenomeno incontrollabile.
Poichè invece la cronaca ci ha restituito casi  numerosi di questa natura, si può avanzare il sospetto che ci sia un problema a monte, e che sia necessario un severo intervento correttivo mirato a debellare tali degenerazioni.

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“Tifosi vergognosi. I francesi hanno la cultura dello sputo. Vogliamo rispetto”. 
A pronunciare queste parole è stato Dave Braislford, fondatore del team Sky nonchè premio BBC alla personalità  sportiva dell’ anno, ed attuale allenatore della nazionale britannica, il quale a riguardo si è espresso come segue:  

Il Tour de France viene definito come il grande evento sportivo annuale più grande al mondo ma se vuole avere i corridori migliori allora li deve trattare con più rispetto. Altrimenti liberissimi di organizzare un Tour solo per squadre e corridori francesi”.
Indubbiamente queste parole indicano la gravità di un clima rovente come quello che si respira in questi giorni ed evidenziano quanto lo spessore sportivo di una corsa a tappe non sia determinato quasi per  nulla dal percorso, dai paesaggi o dalla regia televisiva ma piuttosto dal prestigio della lista dei partecipanti.
Di conseguenza gli organizzatori del Tour dovrebbero metaforicamente inginocchiarsi umilmente al cospetto dei vari Froome, Thomas, Nibali o Doumulain poiché sono loro e non solo gli idoli transalpini a garantirne lo spettacolo.
Eppure i responsabili della Grand Boucle non fanno nulla per impedire che i campioni che animano la corsa siano il bersaglio di insulti e maltrattamenti fisici e psicologici.
Com’è giusto che sia, a rendere ulteriormente cupo il quadro sinora descritto e ad alimentare le tensioni quando si parla di vuoti organizzativi c’è indubbiamente il caso Nibali.
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Quest’ultimo durante l’ascesa all’Halpe d’Huez, in un momento di fondamentale importanza per le sorti della tappa e dell’intero andamento del Tour si è visto costretto a ritirarsi dopo essere caduto dalla sua Merida Reacto.
Se si fosse trattato di un banale errore personale non ne varrebbe la pena discuterne, ma dato che lo Squalo si è fratturato una vertebra a causa della disattenzione di un tifoso e dell’incapacità di una moto della polizia, i fatti assumono una piega diversa e l’avvenimento va a dimostrazione di una tesi sempre più evidente ovvero la pessima organizzazione del Tour de France.
Tanto per cambiare, anche al malcapitato Kenyano Bianco è successo un qualcosa di analogo, tant’è che un gendarme lo ha volutamente spinto dalla bicicletta facendolo cadere in modo violento, per poi scusarsi dicendo che non aveva riconosciuto il ciclista più famoso del mondo e non aveva accidentalmente visto che sul dorsale della sua divisa del team Sky c’era il numero del campione in carica.

Gli eventi descritti fin'ora: dagli sputi ai danni di Froome alla caduta di Nibali, passando per gli insulti fino ad arrivare ai tentativi di far cadere Thomas, macchiano il fascino indelebile dalla Grand Boucle rischiando di eclissare una memorabile tradizione di eroi, imprese e successi.

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