Lavorare per vivere o vivere per lavorare?
«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», recita l’articolo 1 della nostra Costituzione. Lavoro.
Quanti conoscono davvero il senso di questa parola?
Lo conoscono di sicuro quanti hanno lottato aspramente per trovarlo, ottenerlo e mantenerlo, quanti hanno sacrificato parte della loro esistenza preparandosi adeguatamente per la professione che desideravano, quanti hanno girato il mondo per trovare il loro posto, e quanti, ogni giorno, sorridono della loro fortuna, consapevoli di avere il privilegio di svolgere il lavoro che sognavano.
Non lo conoscono, invece, quanti hanno imboccato scorciatoie, ricevuto aiuti, svincolato ostacoli e decisioni, non lo conoscono quanti hanno scelto il lavoro disonesto e criminale (che poi non è nemmeno lavoro).
Il senso del lavoro, infatti, non può essere ristretto all’atto di svolgere un compito prestabilito per poi ricevere un compenso, il lavoro è molto di più, è prima di tutto sacrificio, dignità e libertà, e porta con sé le lotte di coloro che hanno combattuto per il suo riconoscimento e per la sua valorizzazione.
Lavorare significa poter condurre una vita in modo libero, poter compiere delle scelte veramente autonome, poter guardare al futuro senza paura.
Il binomio lavoro-libertà è fondamentale, perché, proprio come recitavano ironicamente le scritte poste all’ingresso di numerosi centri di concentramento nazisti durante la II guerra mondiale, il lavoro rende liberi.
E da cosa rende liberi il lavoro? Quali sono le minacce dalle quali dobbiamo difenderci?
Il lavoro può renderci indipendenti, liberi dalla povertà e dal giogo dei potenti, è l’unico strumento di riconoscimento di meriti e sacrifici, di gratificazione personale, di riscatto sociale. Il lavoro è un mezzo per vivere.
Non si vive per lavorare, si lavora per vivere.
Vivere una vita dignitosa, onesta, una vita in cui si possa sognare, realizzarsi, essere felici.
Tuttavia, il lavoro come lo conosciamo adesso, con i suoi diritti e riconoscimenti, è in realtà frutto di lotte sindacali, di associazioni e liberi lavoratori.
Proprio qualche giorno fa, martedì 1 maggio, si è celebrata la Festa del lavoro, o dei lavoratori, in onore di tutti gli uomini e di tutte le donne che ogni giorno svolgono onestamente il loro mestiere.
Questo festeggiamento ha una lunga tradizione, ricorda le battaglie operaie di fine ‘800, in particolare quelle volte alla conquista di un diritto ben preciso: l'orario di lavoro quotidiano di otto ore (in Italia con il RDL n. 692/1923).
«8 ore di lavoro, 8 di svago, 8 per dormire» era lo slogan coniato in Australia nel 1855, poi condiviso da gran parte del movimento sindacale del primo Novecento, dando il via a lotte generali e soprattutto alla ricerca di una giornata in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per rivendicare i propri diritti.
La data venne scelta in riferimento agli episodi di Chicago del 1886, fu così che si stabilì che la Festa del lavoro sarebbe stata il Primo Maggio.
Quel giorno, infatti, era stato indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti con il quale gli operai denunciavano condizioni di lavoro disumane: a metà Ottocento, infatti , i turni raggiungevano anche le 16 ore e i casi di morte sul posto di lavoro erano abbastanza frequenti. A Chicago, la polizia sparò sui lavoratori che protestavano, morirono due persone.
La protesta andò avanti per tre giorni e il 4 maggio culminò con un’aspra battaglia tra lavoratori e agenti di polizia. Undici persone persero la vita in quello che sarebbe passato alla storia come il massacro di Haymarket.
L’iniziativa divenne simbolo delle rivendicazioni operaie, varcò i confini francesi e, nonostante la reazione repressiva di molti governi, il 1° maggio del 1890 (prima manifestazione internazionale) registrò un’altissima partecipazione.
Quei raduni, dopo Parigi, si estesero al resto del mondo, la volontà di fissare un giorno di celebrazione ufficiale dei lavoratori persisteva.
In Italia, la Festa del lavoro divenne ufficialmente festa nazionale solo nel 1891, fu soppressa dal fascismo, e poi ripristinata nel 1945.
L’Italia in quest’occasione ricorda, oltre all’episodio di Chicago, anche la strage a Portella della Ginestra. Infatti, il primo maggio del 1947 duemila persone, tra cui soprattutto contadini, manifestarono contro il latifondisti a Portella della Ginestra, in provincia di Palermo. Qui, un attacco armato deciso dalla mafia, con la complicità di chi era interessato a reprimere i tentativi di rivolta dei contadini, portò alla morte di 11 persone e al ferimento di altre 27.
Nel resto del mondo molti Paesi hanno adottato il Primo maggio come festa nazionale: da Cuba alla Turchia, dal Brasile alla Cina e poi Russia, Messico e diversi Paesi dell'Unione europea. Curiosamente non lo è negli Stati Uniti, il Paese da cui, in un certo senso, tutto cominciò. Negli Usa la Festa dei lavoratori si celebra il primo lunedì di settembre.
AURORA ALLIEGRO
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