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Perché lo Stato ci obbliga a studiare?

Perché una Repubblica Democratica avverte la necessità di imporre ai propri cittadini lo studio? Perché, anziché aspettare che la cultura, l’approfondimento, la ricerca, l’analisi e la critica germoglino nel popolo a seguito di un naturale affioramento di passione o interesse, si preferisce innestare il sapere mediante l’imposizione della noiosa pratica della frequentazione scolastica sino a 16 anni? 


Insomma  perché siamo costretti a stare in classe ad attendere la fine delle interminabili lezioni?
La risposta è semplice quanto scontata. Lo Stato ci obbliga a conoscere, ad apprendere e a saper applicare, per ragioni prettamente politiche, a cui cercherò di dar voce in queste poche righe. Posto che ogni Democrazia fondi la propria esistenza sulla sovranità popolare e che essa trovi una manifestazione tangibile nelle elezioni, le Istituzioni non possono lasciare che a recarsi alle urne elettorali sia un popolo che non possiede neppure talune conoscenze di base. Ecco il succo del perché, chi di dovere, ha dato vita alla scuola dell’obbligo. Senza informazione e cultura viene meno l’anima della Democrazia. Senza conoscenze si innesterebbero circoli viziosi e meccanismi malsani che, paradossalmente, investirebbero l’economia, comprometterebbero lo stile di vita, metterebbero a rischio la finanza e porterebbero al collasso generale di un paese da molteplici punti di vista.


Questo perché a fronte dell’ignoranza comune, i politici dovrebbero livellarsi, per forza di cose, alla bassezza dei propri elettori, si attuerebbero manovre populiste per del vacuo consenso  ma non per il vero bene pubblico, e tutto ciò senza che nessuno abbia i “mezzi” per indignarsi. La Democrazia, quindi, la dobbiamo immaginare come una grande macchina alimentata da istruzione e consapevolezza. Questa macchina, se privata dei due “combustibili” appena citati, riuscirebbe appena a mettersi in moto, ma non sarebbe mai capace di raggiungere il massimo dei giri o di gareggiare esprimendo il massimo del suo potenziale.
Abbiamo così dimostrato la legittimità dell’obbligo allo studio, eppure, così facendo abbiamo fatto venire a galla nuovi quesiti.
Ad esempio, dal momento in cui le sorti di un esecutivo sono inseparabilmente legate a quelle del suo andamento economico e monetario, mi chiedo perché non sia stata mai introdotta nelle scuole una disciplina che quantomeno potesse avvicinare gli studenti a quel complesso mondo delle banche, dei mercati e delle finanze, che, nonostante l’apparente lontananza, determina la nostra quotidianità e il nostro futuro.



Se la scuola dell’obbligo ha il ruolo di fornirci i mezzi per muoverci in modo consapevole nelle fitte e faticose scelte politiche che ci aspettano nel corso della vita, allora perché non sono presenti nei nostri orari settimanali discipline che possano accorciare le astronomiche distanze che separano quasi tutti noi dall’incomprensibile linguaggio del business, dell’economia, ecc? É un controsenso il fatto che l’istituzione nata principalmente per dare i “mezzi” ai cittadini per approcciarsi nel modo migliore al voto, abbia prodotto milioni e milioni di diplomati che non sanno cosa sia una borsa valori o lo spread. Milioni e milioni di cittadini, che, quando sentiranno parlare di questa o quella manovra economica, non sapranno cosa pensare e si lasceranno abbindolare dalla retorica o da qualche slogan dalla facile comprensione.

Michael Erasmo Alliegro

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